Martino Dolci, la vita
Martino Vittorio Norberto Dolci nasce nel 1912 a Brescia, nel quartiere popolare del Carmine. Dopo gli insuccessi scolastici, decide di dedicarsi alla pittura. Nel 1929 inizia a frequentare la scuola di figura dal vero, nota allora come "scuola del nudo", presso l'ex convento di S. Barnaba di Brescia, dove incontra tutti i futuri protagonisti della pittura bresciana del Novecento, da Oscar Di Prata a Enrico Ragni.
Fin da subito il giovane Martino preferisce il paesaggio e le nature morte al ritratto. La svolta nella sua carriera artistica avverrà nel 1934, con la vittoria dell’ambìto premio artistico Brozzoni che sancisce il suo ingresso ufficiale nella pittura bresciana.
Come la maggior parte degli artisti bresciani, partecipa alle iniziative del Sindacato provinciale fascista delle Belle arti, aderendo alle mostre sindacali del 1934, del 1936, del 1940 e del 1942, facendosi sempre più notare dalla critica e dai collezionisti bresciani, primo fra tutti Pietro Feroldi, che in un suo articolo lo definirà “genius loci” di Brescia. L’incontro con l’avvocato Pio Gaudio, colto collezionista ed appassionato d’arte, determinerà un momentaneo ma alquanto drastico cambio stilistico nella sua produzione degli anni Cinquanta, avvicinandosi sempre di più all’arte di de Pisis.
Nel dopoguerra dipinge sempre più incessantemente; arrivano i primi riconoscimenti nazionali ed espone in varie città fuori Brescia. Dalla sua città però Martino se ne distacca poco e malvolentieri. Brescia è per lui fonte di ispirazione continua, con le sue piazze, i suoi edifici, i vicoli stretti, i Ronchi in fiore; è ammaliato dagli scorci di Montisola, dalle nevicate della Valsabbia e Valtrompia: sono questi i soggetti su cui ritorna più e più volte, registrando le variazioni di colore del paesaggio nel corso delle stagioni.
Gli anni ‘60 -‘70 sono quelli della sua definitiva affermazione: è ormai uno dei pittori più noti e amati dai bresciani. Ma sono anche gli anni del ricovero ospedaliero e della depressione; ne riuscirà ad uscire lentamente, ma non del tutto. Compagno di vita e di avventure è l’inseparabile fratello Giovanni, con cui convive fino alla morte in un piccolo appartamento nel centro di Brescia.
Malato da tempo, muore suicida nel 1994, gettandosi da una finestra dell’ospedale dove era stato ricoverato.